Arrivo alle 7 in clinica, eseguo i test e gli esami pre-operatori e vengo immediatamente ricoverata: mi accompagnano in stanza, forse una tra le più tetre e tristi stanze di ospedale che io abbia mai visto!
Penso "ci resto solo una notte, è perfetta così com'è".
Qualche minuto dopo arriva una signora, che però andrà via in serata, così insieme a me potrà restare mia mamma.
Aspetto che mi chiamino, intanto leggo per non pensare a quanta ansia e agitazione mi sta scorrendo nel corpo.
Alle 14.50 mi vengono a prendere e mi portano verso la sala operatoria; lì mi preparano e mi fanno l'anestesia locale, due punture sul dorso del piede.
Finalmente entro in sala: freddo, fa tanto freddo, inizio a tremare come una foglia, non so più se sto tremando per la tensione o per il freddo. La musica mi distrae, inizio a svuotare la mente e recito mentalmente un mantra. Le infermiere mi sistemano, mi coprono e posizionano davanti a me un telo in modo da non farmi vedere l'operazione. Accanto a me per qualche minuto rimane una di loro, gentile e carina, che mi dice che avevano già iniziato a rompere l'osso: io felicissima, perché la mia più grande paura era quella di sentire dolore, invece non ho sentito nulla per tutta l'operazione, in totale circa 50 minuti.
Finita l'operazione, il chirurgo mi medica e mi benda il piede. Non vedrò il fissatore esterno fino al giorno dopo, quando mi cambia la medicazione.
Uscita dalla sala operatoria mi portano a fare le lastre al piede ed infine in camera.
Passano gli infermieri per portarmi il ghiaccio e fare la punturina nella pancia.
La cena, leggera: purè, formaggio e una fetta di pane.
Una tazza di camomilla e a nanna alle 21.
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